Tangenti Mose, Galan patteggia: il gip dice sì ai domiciliari. Scarcerato, torna a Cinto Euganeo. L’ex governatore ed ex ministro ha raggiunto l’accordo con la Procura per una pena di due anni e 10 mesi e una confisca di 2 milioni 600 mila euro. Andrà ai domiciliari nella sua villa di Cinto Euganeo.

galanVia libera agli arresti domiciliari per Giancarlo Galan, che è stato scarcerato. L’ok all’accordo per il patteggiamento tra legali della difesa dell’ex governatore e procura è arrivato dal gip di Venezia Giuliana Galasso, che in mattinata ha firmato il provvedimento di scarcerazione. Ad attendere Galan fuori dal carcere di Opera (nel Milanese) c’è la moglie Sandra Persegato, che lo accompagnerà nella villa di Cinto Euganee.

Tornato a casa poco prima delle 17. E’ tornato nella sua villa di Cinto Euganeo a bordo di un Suv bianco, seguito da un’altra macchina con a bordo la moglie Sandra Persegato, Giancarlo Galan, scarcerato dopo il patteggiamento e il via libera del gip di Venezia. Il suv è giunto poco prima delle 17. Galan si trovava sul sedile anteriore, a fianco dell’autista. La moglie ha nascosto il volto con la mano per evitare i flash dei numerosi fotografi che assiepavano il recinto della villa. L’ex ministro non ha rilasciato dichiarazioni. Da una finestra si è percepito che Galan dopo l’ingresso a casa ha abbracciato lungamente la figlia e salutato il suo labrador che lo attendeva oltre la soglia.

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Ciclisti gridano “ladro, ladro”. La notizia della concessione degli arresti domiciliari a Giancarlo Galan nell’ambito dell’inchiesta Mose non è piaciuta agli abitanti di Cinto Euganeo, la località padovana dove si trova Villa Rodella, la residenza dell’ex ministro. In molti, in sella ad una bicicletta, hanno voluto oggi percorrere la pista ciclabile che fronteggia la residenza e si sono lasciato andare a frasi dal tono inequivocabile: «ladro» è stato il grido urlato dai più, condito in qualche caso da bestemmie. Da uno dei ciclisti l’invito «a portare a casa un pezzo della villa, che è anche nostra». Dopo l’arrivo di Galan direttamente dal carcere di Opera molti giornalisti hanno tentato di suonare alla residenza dell’esponente di Fi, senza ricevere risposta. Le luci sono spente ma i balconi sono stati tutti aperti.

Gli avvocati di Galan: “Accettato l’inaccettabile per evitare il carcere”. Giancarlo Galan «ha accettato l’inaccettabile perchè non ce la faceva più a rimanere imprigionato». A sottolinearlo il collegio difensivo dell’ex presidente della Regione Veneto, composto dagli avvocati Franchini e Ghedini, che hanno comunque precisato come Galan abbia «ribadito ai propri difensori e nella istanza di patteggiamento la propria innocenza, con particolare insistito riguardo alla pretesa dazione di un milione all’anno rinveniente dalle dichiarazioni di Mazzacurati, le cui reali condizioni di salute, recentemente emerse, gettano una luce inquietante sulle dichiarazioni di 8 mesi or sono, particolarmente confuse e contraddittorie».

La decisione dell’ex presidente del Veneto ed ex ministro è arrivata «dopo sofferta riflessione» e «solo per la difficoltà di proseguire lo stato di carcerazione e per poter riabbracciare la propria famiglia con particolare riferimento alla piccola Margherita». Il patteggiamento, arrivato anche «in considerazione delle gravi condizioni generali del proprio cliente, ristretto nel Carcere di Opera dal 22 luglio, ove ha subito un calo ponderale di ben 22 chili, presentando altresì spunti depressivi sì da determinare la necessità di visita psichiatrica ed innanzi alla sicura prospettiva della richiesta di giudizio immediato che avrebbe provocato una ulteriore protrazione della custodia cautelare in carcere per ulteriori sei mesi per poter processare Giancarlo Galan come detenuto», prevede la prescrizione per tutti i reati fino al 22 luglio 2008, 2 anni e mesi 10 per i residui reati contestati, confisca per il valore di 2.600.000 euro sulla casa di Cinto Euganeo rispetto ad un sequestro disposto per 4,85 milioni.

«Il Collegio di Difesa osserva amareggiato che ancora una volta il carcere preventivo produce danni, a volte irreversibili, su persone non ancora giudicate e auspica che il Legislatore intervenga ancora una volta per delimitare in maniera drastica questo istituto la cui applicazione pratica e giurisprudenziale suscita sempre maggiori riserve e critiche: un uomo sottoposto a processo non può serenamente decidere il proprio futuro processuale e la propria vita futura in una condizione di soggezione che deriva dalla privazione della libertà personale per lunghi periodi senza potersi difendere in stato di libertà», conclude la nota dei due legali.

Il patteggiamento dell’ex governatore. Giancarlo Galan, l’indagato eccellente dell’inchiesta Tangenti Mose, viene a patti con la Procura, accordandosi per una pena a due anni e 10 mesi di reclusione e ben 2 milioni e 600 mila euro da dare all’Erario, chiudendo così i conti con i pm Ancilotto, Buccini e Tonini che lo accusano di essere stato per anni a libro paga del Consorzio Venezia Nuova (con uno “stipendio” da un milione l’anno, più due tangenti per sbloccare i progetti del Mose), di aver avuto i restauri milionari della propria villa pagati dalla Mantovani, come pure le azioni di quell’Adria infrastrutture interessata a project financing regionali, che come governatore veneto avrebbe potuto favorire.

Alla fine, l’ex presidente della Regione Giancarlo Galan ha capitolato e dopo tre mesi di carcere, davanti alla prospettiva di restarvi ancora a lungo in attesa del processo immediato che la Procura era intenzionata a chiedere – bloccando così i termini della custodia cautelare – ha chiesto di patteggiare, come hanno già fatto i due terzi dei 35 indagati dell’inchiesta, finiti in carcere o ai domiciliari. E se è certamente vero che un patteggiamento non è – codice alla mano – un’ammissione di colpevolezza,è pur vero che sinora si contano sulle dita di due mani gli indagati disposti a sfidare l’accusa in un giudizio in aula.

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La difesa aveva chiesto di patteggiare la scorsa settimana: nelle stesse ore in cui i tre sostituti interrogavano il commercialista padovano Paolo Venuti, che ha ammesso di essere il prestanome di Galan nel possesso di società e beni. Per lui, patteggiamento (2 anni) e libertà. La Procura non aspettava di meglio e i pm Stefano Ancilotto, Stefano Buccini e Paola Tonini – con l’avallo del procuratore Luigi Delpino e del procuratore aggiunto Carlo Nordio – hanno trovato l’intesa sul “quantum” con gli avvocati difensori Nicolò Ghedini e Antonio Franchini. Ieri alle 11.30 la firma dell’accordo.

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Sulla scarcerazione di Galan – che lasciato il carcere di Opera, dovrà comunque andare agli arresti domiciliari nella sua villa di Cinto Euganeo – deciderà oggi la presidente dei gup Giuliana Galasso: sarà sempre lei, nella maxi-udienza del 16 ottobre, a dire se i 19 patteggiamenti sinora concordati tra Procura e difese (compreso quello di Galan e che salgono a 22 con quelli del troncone milanese dell’inchiesta) siano congrui nella pena e vadano quindi accolti. Patteggiamenti che garantiscono uno sconto di un terzo della pena, ma che faranno entrare nelle casse dell’Erario 12 milioni di euro. L’inchiesta che il 4 giugno ha fatto saltare in aria il Sistema Veneto, scoperchiando lo scandalo della gestione dei lavori del Mose, potrebbe così chiudersi molto velocemente. Giancarlo Galan, da parte sua, non ha fatto alcuna ammissione, ma con il patteggiamento – in applicazione della Norma Severino – rischia anche di decadere da parlamentare: il voto spetta, formalmente, ai suoi colleghi deputati. «L’onorevole Giancarlo Galan, a seguito di una profonda e sofferta riflessione, tenuto conto delle sue precarie condizioni di salute e soprattutto della dolorosa e “forzata” separazione dall’amata figlia fi 7 anni», scrivono i suoi legali nella richiesta di patteggiamento, «ha maturato la consapevolezza che perseguire un positivo e completo accertamento della sua estraneità ai fatti contestati – che pure riafferma con forza , nonostante l’effettivo ridimensionamento delle accuse a seguito dell’avvenuta declaratoria di prescrizione, significherebbe affrontare un dibattimento estremamente lungo, complesso e accompagnato costantemente da eccezionale clamore mediatico….».

Oggi toccherà a un altro indagato eccellente decidere cosa fare: nel carcere di Pisa dov’è detenuto da 4 mesi, l’ex assessore Renato Chisso incontrerà per la prima volta in un interrogatorio i pm che lo accusano di aver ricevuto per una vita mazzette da 200-250 mila euro l’anno dal Consorzio. Lui si è sempre professato innocente, ma se la gip Roberta Marchiori non accoglierà la sua richiesta di scarcerazione per motivi di salute, in carcere può restare fino al processo con rito immediato.