Ogni mattina, in Fondamenta San Biagio, gli anziani cercano con le gambe le panchine soleggiate e con gli occhi il sorriso dietro la mascherina dei militari che percorrono il consueto giro di pattuglia.
I carabinieri della stazione della Giudecca si fermano, portano alla fronte la mano destra e rispondono alle domande dei veneziani, liberati dal turismo di massa ma imprigionati nella gabbia del lockdown. «Sta per finire, vero?» chiedono con gli occhi sgranati.
«In questo momento c’è molto bisogno di speranza – spiega il comandante della stazione, il luogotenente Giovanni Buttà – e noi cerchiamo di esserci, in un esercizio di ascolto e prossimità che in fondo ci fa sentire utili».
Alla Giudecca il comandante parla con tutti, conosce ogni palmo dell’isola, famosa per la cantieristica artigianale, i grandi alberghi e i suoi palazzoni popolari: «Anche perché – aggiunge – spesso le persone ci fermano per segnalare i masegni spezzati, il muro pericolante, il tubo rotto, il parco poco illuminato. E noi ci facciamo carico, indirizzando, sollecitando, risolvendo piccoli e grandi problemi quotidiani. Nel segno di un imperativo che suona più o meno così: possiamo aiutarvi. In un tempo come questo, siamo l’ultimo presidio a garantire una presenza fisica, non remota».
Poco distante, il luogotenente Stefano Cuffaro guida la stazione di Cannaregio, 15 mila abitanti. Racconta che i suoi militari raccolgono generi alimentari per le famiglie e consegnano le pensioni a casa dei pensionati over 75: «C’è un accordo tra l’Arma e Poste italiane che qui è stato attivato per alcune persone. Sono anziani che vivono soli, che non hanno congiunti, andiamo a casa loro una volta al mese: spesso ci offrono il caffè, facciamo due chiacchiere, li vediamo sorridere. E il loro sorriso è il nostro sorriso».
Ascolto e prossimità sono armi preziose in questo tempo di relazioni rarefatte. Il colpo d’occhio di una nuova socialità sono le code davanti al bécher, al frutariol, al biavarol. Il saluto allo spazzino e alla postina. I veneziani al tempo del lockdown sono tornati a incontrarsi e scambiare quattro chiacchiere. Nessuna lingua al di fuori del veneziano.
Nel centro storico otto stazioni dei carabinieri – San Marco, Cannaregio, Castello, Scali, Giudecca, Lido, Murano e Burano – garantiscono una rete capillare e un lavoro che si spinge ben oltre la sicurezza.
Spiega il capitano Giovanni Rubino, 31 anni, pugliese con una lunga esperienza in Sicilia, che da settembre guida la compagnia di Venezia: «In quest’ultimo anno siamo riusciti a mantenere tutti i servizi attivi, senza riduzioni. A causa del lockdown sono crollati i reati contro il patrimonio ma sono cresciute, anche del 30%, le violenze in famiglia. E’ un pericoloso campanello d’allarme. C’è molto bisogno di ascolto e di speranza, qualcuno perde la testa».
Trascorrere una giornata accanto a queste sentinelle del territorio è come praticare un carotaggio sociologico: «Le persone sono stanche, sconfortate, non vedono alba: essere militari di prossimità è vitale. Cerchiamo di arginare le situazioni prima che esplodano» aggiunge l’ufficiale.
Racconta il comandante della Giudecca: «Qualche settimana fa è venuto da me un uomo che ha perso il lavoro, letteralmente distrutto. Ho capito che la situazione aveva raggiunto un limite. Con grande delicatezza, cercando di non urtare la sua sensibilità, ho chiesto se potevo prestargli del contante. Lui ha abbassato la testa, accettando. Pochi giorni fa è venuto a restituirmi quanto gli avevo prestato. Siamo tutti uomini, mi sono accostato a lui da padre di famiglia prima ancora che da carabiniere». —
25 marzo 2021 |