Nel mondo della cultura conosceva tutti, ma proprio tutti. E tutti conoscevano lui, che associavano spesso a quella piccola città che, se è diventata quel che è, lo deve senza dubbio anche a persone come lui.
Attilio Zamperoni se ne è andato nel modo che meno avrebbe preferito, lontano da Asolo, paese che non aveva mai voluto lasciare nonostante le offerte professionali, specie nei tempi d’oro, non fossero mancate. Ma tutto sommato senza soffrire troppo, la cosa che un bonviveur come lui non avrebbe sopportato.
Amico di musicisti e politici, critici e giornalisti, uomo dai grandi amori e dagli altrettanto grandi disamori, incapace di odio, gli era riconosciuta una simpatia che agli avversari faceva passar sopra ai suoi numerosi difetti. Tra i quali la sua disinteressata generosità, che qualche inciampo del resto gli aveva procurato in vita.
Nato da una famiglia semplice, non riuscì a studiare come avrebbe voluto ma aveva coltivato per qualche tempo le sue doti di cantante lirico, avvicinandosi a quel mondo che poi sarà la sua vita, sino all’ultimo giorno. La musica, una straordinaria compagna di vita, di emozioni ed avventure. Nel 1976 è fondatore degli Amici della musica e nel 1978 inizia quella formidabile avventura del Festival degli Incontri musicali che giunge fino a noi.
L’intuizione, semplice e straordinaria, fu quella di accostare grandi artisti a giovani interpreti nell’esecuzione del più classico dei generi. Così ad Asolo cominciarono a fare tappa obbligata il violinista Salvatore Accardo, il flautista Severino Gazzelloni, il pianista Svjatoslav Richter, il violista Bruno Giuranna, l’Orchestra giovanile europea. Non vi era artista al mondo che non desiderasse esibirsi sul palcoscenico asolano.
Un crescendo di successi che portò Asolo tra i nomi importanti della musica internazionale. L’allora leader della Dc, Carlo Bernini, lo protesse dai rovesci e pure da se stesso, perché il carattere era quello che era. Tentato dalla politica locale, diventò nel 1980 vicesindaco e assessore alla cultura. Durò pochissimo: dopo appena un anno andò in Procura con un corposo dossier di pasticci urbanistici della Democrazia cristiana, guadagnandosi l’ostracismo eterno della politica, che da allora lo considerò un cavallo pazzo, inaffidabile e ciarliero.
La ferita più grande pochi anni più tardi, con l’estromissione, al culmine di una grave crisi finanziaria, dalla sua creatura Amici della musica che aveva fatto nascere nel deserto culturale di allora. Un dolore mai superato del tutto. Se ne era fatto una ragione, continuando a lavorare ad Asolo: prima resuscitando il festival del film d’arte e poi quello del cartone d’animato, inventando festival musicali giovanili e riproducendo, di volta in volta, premi musicali e iniziative con alterne fortuna.
L’ultimo riconoscimento che aveva deciso di attribuire, poche settimane fa, sfidando conformismi, al padre dell’azionismo viennese, il controverso Hermann Nitsch. Amava le donne, purché eleganti e di cultura, capaci di stare a tavola dopo gli spettacoli in compagnia di artisti e tecnici del suono, con pari dignità. E amava lavorare con i giovani, per i quali nutriva una generosa predilezione: raramente ben retribuiti, hanno portato a casa un tesoro di competenze e di relazioni per il quale non finiranno mai di ringraziarlo.
Un intervento al cuore, qualche anno fa, gli aveva suggerito di rallentare i suoi ritmi che inevitabilmente ruotavano attorno al mattutino Caffè Centrale. Una camicia di forza che, nonostante glielo avessero detto tutti, lui non ha voluto indossare.
Negli ultimi tempi si era innamorato del Brasile, del suo ritmo e della samba. Ma i suoi sempre più frequenti viaggi avevano sempre lo scopo di tornare, alla fine, nel posto dove tutto era cominciato, la sua Asolo. Dove nei prossimi giorni sarà sepolto, poco distante da Eleonora Duse. Ciao, cancaro. (la tribuna di Treviso, 21 giugno 2016)