«In questi anni abbiamo molto abusato dei lieto fine: direi che adesso servono dei finali aperti, perchè c’è bisogno di riflettere, di imparare la lezione di quanto ci sta accadendo».
Erminio Perocco è tornato a vivere a Venezia – anzi, al Lido – ed anche questo è un segno di speranza per una città che dalla pandemia dovrebbe cercare di uscire «diversa da prima»: «La monocoltura turistica si percepisce, inutile nasconderlo: ma Venezia può e deve essere attrattiva, come è sempre stata nei secoli, coltivando respiro internazionale e giovani talenti».
Sessant’anni, quaranta dei quali trascorsi nel mondo della pubblicità, autore di alcuni tra gli spot più conosciuti della storia della televisione, da qualche tempo preferisce dedicarsi al ruolo di autore e regista di documentari d’arte: su Tintoretto, sullo scrittore americano Joe Lansdale (selezionato al Sundance festival), sulla via Appia, sulla Calabria medioevale, sull’imperatore Augusto. Tra la pubblicità e il documentario, molte fiction per la televisione, lavorando come assistente personale di Ettore Bernabei, il padre della Rai tra gli anni Sessanta e Settanta.
Celebri sono gli spot che ha inventato e diretto: dalla Sip di Massimo Lopez («Una telefonata allunga la vita», con il plotone d’esecuzione davanti), al Paradiso Lavazza con Paolo Bonolis e Luca Laurenti, sino al Parmacotto del salumiere Christian De Sica e al gorilla del Crodino, quello de «l’analcolico biondo fa impazzire il mondo».
Più di cento pubblicità che hanno fatto la storia della réclame in Italia. Clienti come Mulino Bianco, Martini, Mondadori, Tim, Yomo, San Pellegrino, Q8, Gatorade, Treccani, BNL, Pirelli, Renault, Ford.
Ma se chiediamo a quale è più legato risponde senza esitazioni: «La pubblicità di Vape, il vaporizzatore per zanzare. Era una réclame che, anzichè promuovere il prodotto, lo detronizzava, con il protagonista che preferiva la ciabatta sul muro al prodotto. L’effetto stava proprio nella sorpresa».
Nato al Lido – il padre Guido fu direttore di Ca’ Pesaro e procuratore di San Marco – frequenta le scuole elementari alla Gabelli, le medie alla Vittor Pisani, le superiori al Pietro Orseolo II e Storia a San Sebastiano. Fonda il Teatro dei dieci con Roberto Saccani, Mara Vidal e Livio Vianello e altri amici, crea una radio “libera” con Alberto Francesconi, si diverte a girare cortometraggi amatoriali con Sebastiano Vianello.
«Sono diventato pubblicitario per caso» scherza Perocco, «a Torino la Canard Advertising cercava dei giovani copy e dopo un colloquio mi presero: scrivevo i cataloghi della Lancia. Poi un giorno chiamarono Ornella Vanoni come testimonial e mi chiesero di scrivere qualcosa di originale. Non sapevo letteralmente da dove cominciare, buttai giù un testo di fantasia che poteva segnare il mio licenziamento. Invece piacque molto».
Dall’agenzia torinese il salto in Saatchi & Saatchi, poi in Ogilvy & Mather, infine in Armando Testa di cui diventa direttore creativo centrale. «Lo spot della Sip – racconta – ha rischiato di non essere mai realizzato: inizialmente fu bocciato da tutti. Ma le idee migliori nascono sempre dalla disperazione. L’azienda era in crisi di ricavi perchè le telefonate costavano sempre di più e dunque gli utenti tagliavano corto. L’azienda era statale e in Parlamento avevano i fucili puntati contro ogni aumento delle tariffe. Bisognava perciò cercare di togliere ansia alla lunghezza della conversazione. Così ci venne quest’idea».
Che cosa è più importante nel messaggio?
«Molti chiedono se conta più la narrazione o l’interprete. Per avere un buon film devono funzionare molti elementi, è un lavoro di squadra. Ma Hitckcock diceva che tre erano le cose fondamentali: la sceneggiatura, la sceneggiatura e la sceneggiatura. Poi magari la sceneggiatura può essere costruita su misura su un interprete, lui solo la può esaltare».
Quanto conta il ritmo?
«In ogni sceneggiatura ci dev’essere il viaggio dell’eroe, con un filo che prende per mano lo spettatore e lo accompagna in un crescendo. Sergio Leone diceva che in fondo le storie sono solo due: l’Iliade e l’Odissea. La conquista o la scoperta, di sé e del mondo. Negli ultimi anni la tecnica ha avuto un’evoluzione che ha reso possibili cose inimmaginabili fino a poco tempo fa. Ma il cuore resta sempre lo stesso: cosa vogliamo dire?».
«Quest’anno – aggiunge Perocco – ho lavorato molto bene anche in Veneto. Il cliente, un’azienda lucana di divani, ha scelto l’Agenzia AD 010, con Andrea Vania come direttore creativo, il responsabile Carlo Caldonazzo, la casa di produzione Z Group di Treviso. Una bella esperienza, una regia che mi ha colpito per la professionalità di un gruppo di veneti. Il Veneto è un po’ una cenerentola nel settore, anche per la diffidenza generale verso la comunicazione (“Schei butai via”) e l’immateriale».
« In realtà le grandi aziende multinazionali investono tantissimo, fin dagli inizi, proprio per crearsi un’immagine forte, ancorata su valori, sul posizionamento, sulla “filosofia” almeno quanto sui vantaggi specifici. Ne deriva un’immagine che vale quanto il prodotto, tanto che talvolta si vende un’azienda non per i suoi asset ma per il suo brand».
«Pensa ad esempio alle scarpe Nike: noi sapevamo fare scarpe forse migliori ma nessuno ha saputo costruirsi l’immaginario dell’azienda americana. E gli esempi potrebbero essere molti. Questo per dire che a volte non serve andare a Milano a Roma per trovare degli ottimi professionisti».
Cosa pensa del momento che stiamo vivendo?
«Proprio perchè nella mia vita professionale ho esercitato a lungo l’arte della sintesi, oggi credo vi sia bisogno di analisi, riflessione, profondità. La sintesi non basta a spiegare come uscire da questo periodo. Anche i politici hanno imparato a usare il linguaggio pubblicitario, dicono tutto in un tweet. Personalmente faccio fatica a capire come si possa spiegare una tesi con un claim: se mi chiamasse lo Stato italiano per realizzare uno spot lavorerei molto sul concetto che lo Stato deve essere corretto con il cittadino».
«Dev’esserci un patto sociale, alla base: lo Stato chiede rispetto delle regole se lo Stato per primo le rispetta. Ma il discorso ci porterebbe lontano. In futuro mi piacerebbe realizzare un lavoro su Venezia, costruendo una narrazione positiva e rivolta al futuro. Venezia ha, come sempre, potenzialità straordinarie. Vedremo».