L’ultimo anno del turismo di massa, non fosse stato interrotto dall’acqua alta del 12 novembre 2019, avrebbe fatto segnare l’ennesimo, straordinario record. Cinque milioni e mezzo di turisti nel solo Comune di Venezia capaci di produrre 13 milioni di notti d’albergo (le presenze). Nonostante gli ultimi due mesi dell’anno perduti, il cruscotto turistico 2019 ha segnato un aumento del 5% di arrivi e del 7 per cento di presenze. Negli ultimi cinque anni (2015-2019) il turismo a Venezia è cresciuto del 25%. Una macchina da record: fino al 2019.
Per dare un’idea, nei primi dieci mesi del 2020 la città ha registrato 1,3 milioni di arrivi, l’80 per cento in meno.
Spostando lo sguardo al turismo balneare, Venezia è l’area che detiene un primato nazionale: Cavallino, Jesolo, Bibione e Caorle insieme fanno 3,9 milioni di arrivi e 21 milioni di notti in campeggio o strutture ricettive. Praticamente viene prodotto qui, tra Venezia e il litorale, la metà del Pil turistico del Veneto, quasi il 10% dell’industria delle vacanze nazionali. Per questo parlare di turismo a Venezia significa occuparsi di economia, lavoro, infrastrutture.
Il turbo dal 2003
Se dunque il 2019 è stato l’anno record e il 2020 quello dello stop, il 2021 potrebbe essere l’Anno Zero, quello del «riposizionamento» della seconda città turistica d’Italia, dopo Roma.
Da quasi vent’anni Venezia ha ingranato il turbo dell’industria turistica. Dal 2007 addirittura i dati registrano un balzo in avanti del 65 per cento: a questo ritmo, e senza l’intoppo del Covid, la città avrebbe raddoppiato i suoi turisti nel 2023, praticamente in 15 anni. Una pressione che la città, secondo molti osservatori, non sarebbe stata in grado di sopportare. Per questo l’anno appena iniziato potrebbe offrire l’occasione per sintonizzare l’offerta turistica su un nuovo tipo di visitatore. Anche se finora ragionamenti se ne sono sentiti ben pochi.
85 su cento sono stranieri
Secondo i dati dell’Annuario 2019 del turismo del Comune di Venezia, pubblicato in sordina alla fine di novembre – il primo a portare la firma del neo assessore al turismo, Simone Venturini – l’ospite di Venezia ha il seguente identikit. In 85 casi su cento è straniero, si accalca nei mesi estivi di luglio agosto e settembre, in due casi su tre preferisce ancora la struttura alberghiera, uno su tre trova posto in terraferma, prevalentemente a Mestre. Si ferma in città, mediamente, due notti e mezza: più stanziale al Lido (3 notti), più fugace in terraferma (2 notti). Novembre e dicembre sono i mesi con meno turisti in assoluto, anche senza l’effetto acqua alta.
Tra le nazionalità, vincono su tutti gli americani: nell’anno record sono stati 844 mila, da soli rappresentano il 15% del turismo veneziano; seguono gli italiani (747 mila) e poi britannici, francesi e tedeschi. Queste cinque nazionalità (Usa, Italia, Uk, Francia e Germania) rappresentano la metà della torta complessiva.
I francesi sono i visitatori che si fermano di più: 2,93 notti a testa. I giapponesi quelli che si fermano di meno: 1,61 notti.
20/06/2019 Mestre – Inaugurazione area nuovi Hotels di via Cà Marcello – – . – fotografo: errebi
Il district hotel di mestre
Quanto all’offerta turistica, si consolidano alcune certezze. Il fenomeno degli alberghi in terraferma, ad esempio, rappresenta un terzo degli arrivi e il 28% delle presenze. Con lo stop al turismo di massa dovuto al Covid, un grande punto interrogativo riguarda il District hotel di Mestre, un polo che da solo vale quasi tremila posti letto.
Negli ultimi cinque anni l’offerta turistica si è adeguata all’andamento mondiale: se i posti letto alberghieri nelle circa quattrocento strutture sono passati da 30 a 32 mila, è aumentata vertiginosamente l’offerta complementare (alloggi, case per vacanze, unità turistiche e bed & breakfast), che ha più che raddoppiato i posti letto, passati da 20 a 48 mila.
Il fenomeno più appariscente, anche se non l’unico, è quello degli alloggi privati, che ha assunto proporzioni impressionanti: 8700 sono le residenze turistiche inserite nei principali portali internazionali, di cui Airnb è solo il più diffuso.
l’acqua alta, poi il covid
La cesura dall’acqua alta e poi dal Covid è misurabile anche nei biglietti museali: i Civici musei nel 2019 hanno perso il 27% dei visitatori a novembre il 21% a dicembre rispetto agli stessi mesi dell’anno precedente. Stesso discorso per i Musei statali.
le crociere
Il 2019 ha rappresentato anche il record del turismo crocieristico, molto spesso criticato perchè non incide nelle presenze (notti d’albergo) e poco sulla città: negli ultimi cinque anni è passato da un milione e mezzo a 1,611 milioni di persone, concentrati soprattutto nei mesi estivi.
Dal 12 novembre 2019, il turismo veneziano ha imboccato il tunnel della sua più grave crisi della storia. Numeri così non li vedremo più per lungo tempo. Lo scoppio della pandemia, nel mese di febbraio 2020, e il primo lungo lockdown nazionale a partire dal 9 marzo e durato 69 giorni, hanno scosso – in tutto il mondo – irrimediabilmente il turismo di massa, costringendo gli operatori e le istituzioni a ripensare all’economia legata al tempo libero.
Venezia si trova ora a uno di quei tornanti della storia cui è abituata da secoli. Può scegliere di inseguire il ritorno al modello precedente, «perché tanto a Venezia tutto il mondo vuole venire una volta nella vita».
Oppure progettare un nuovo modello che indichi quale tipo di visitatore vuole ospitare nel prossimo decennio, da quali aree del mondo, come intende spalmarlo nei mesi e in quali strutture accoglierlo. Un’occasione per niente scontata e affatto semplice. —
(Pubblicato su la Nuova Venezia il 2 gennaio 2021) |