La lettera è scritta in inglese e porta la data del 18 gennaio 2018, firmata da Gwenaelle Bourdin, direttore dell’unità di valutazione di Icomos, il Consiglio Internazionale dei Monumenti e dei Siti Unesco. Destinatario il capo della delegazione italiana presso l’Unesco, Vincenza Lomonaco. È quest’ultima ad averlo trasmesso, a stretto giro di posta, agli uffici del presidente della Regione Veneto Luca Zaia, che l’ha ricevuta alla fine di gennaio. Una lettera che finora la Regione ha scelto di tenere riservata ma che il nostro giornale è in grado di rivelare.
La sintesi è che l’Unesco si dichiara «incerta» rispetto al possesso dei requisiti – da parte delle Colline di Conegliano e Valdobbiadene – necessari a superare la prova. «Uncertain» è l’espressione usata dal direttore dell’Icomos incaricato di fare l’istruttoria per l’Unesco. E dunque della persona incaricata di proporre o meno il sito per l’elenco dei siti Patrimonio dell’Umanità.
Tre pagine e mezza che distillano cattive notizie per la candidatura delle Colline del Prosecco a Patrimonio dell’Umanità. Il dossier è definito «incompleto» e l’approccio «non completamente adeguato», le motivazioni «non chiare» né sostenute da esempi esaustivi che dimostrino i requisiti necessari.
Paradossalmente è proprio il repentino sviluppo del sistema Prosecco a orientare l’Unesco verso la bocciatura della candidatura: troppo recente il successo del fenomeno prosecco per dimostrare che si tratti di un paesaggio storico legato alla viticoltura e troppo comune in Europa un paesaggio legato alla viticoltura per attribuirgli la caratteristica di «valore universale».
L’espressione «incerta» usata da Icomos è relativa a tre aspetti fondamentali: lo sviluppo storico del paesaggio, il cosiddetto «valore universale» del sito e le analisi comparative.
Sviluppo storico. Quanto allo «sviluppo storico del paesaggio» il dossier fa riferimento alle architetture medievali, alla presenza degli artisti rinascimentali e al paesaggio di redenzione, inteso come evoluzione dal tempo della povertà ad oggi. «Tuttavia – scrive l’Unesco – per nessuno di questi periodi storici il dossier chiarisce come questi fattori abbiano impattato sul paesaggio dell’area». Inoltre, «il dossier di candidatura non spiega chiaramente come il paesaggio sia stato rimodulato a causa dell’aumento della produzione. Non è stata fornita alcuna dettagliata prova dei cambiamenti della configurazione del paesaggio. (…) Senza questa documentazione non si è in grado di comparare il paesaggio storico con quello che sopravvive oggi» (…) Quindi la conclusione della commissione è che il paesaggio del Prosecco come esiste oggi non può essere facilmente ricollegato alla configurazione di vigneti e metodi produttivi in essere dal 18esimo secolo o precedenti».
Valore universale. Riguardo al «valore universale» la commissione Icomos sottolinea che «la caratteristica di primo interesse» del sito «è il suo sorprendente aspetto scenico», «l’indubbia suggestione», la «peculiare morfologia grazie alla natura incontaminata», il suo «sistema idraulico ben conservato». Insomma, un «paesaggio interessante».
«Tuttavia – aggiunge la lettera – considerate tutte assieme queste caratteristiche non sono necessariamente prova di eccezionalità. Infatti, scenografici paesaggi di vigneti sono relativamente numerosi in Europa. E un certo numero è già stato iscritto nel Patrimonio mondiale».
Sminuita anche la valenza del più antico istituto enologico italiano, quel Cerletti fondato nel 1876 che giustamente viene citato dal dossier a sostegno della «storicità» del Prosecco: «L’influenza della Scuola enologica è stata sovrastimata – scrive Bourdin – in quanto essa ha seguito un movimento generale che avveniva in Europa».
Insomma, il Cerletti nasceva quando la viticoltura europea si stava sviluppando ovunque. Infine una lapidaria considerazione sul boom del Prosecco: «La crescita di un’economia rurale di successo è uno sviluppo molto recente, dovuto a una produzione di alto rendimento a un costo relativamente più basso».
L’analisi comparativa. Quanto infine al terzo aspetto, quello legato alle analisi comparative, Icomos «considera che la metodologia proposta è sensata ma gli attributi scelti, le zone selezionate e gli esempi sembrano incompleti e l’approccio non completamente adeguato». Insomma, questi requisiti «non emergono in maniera chiara». «Anche l’approccio e la logica che sostiene le analisi comparative è inadeguata».
Infine, una improbabile ciambella di salvataggio: «Icomos considera che una elaborazione più significativa e concisa di analisi comparative è necessaria per accertare quanto il luogo proposto è o non è eccezionale e rilevante». Ma avverte: in Europa «è sempre più difficile trovare vigneti o paesaggi culturali collegati alla produzione di vino che presentano un valore eccezionale rilevante». Come dire: buona fortuna.
La conclusione è istituzionale: «Icomos comprende che le istanze identificate dalla commissione incontreranno profondo disappunto da parte di molti esperti, autorità locali e nazionali che hanno lavorato insieme per diversi anni al dossier». (Daniele Ferrazza, 20 feb 2018)