Sempre più giganteschi, sempre più avveniristici, sempre più scenografici. E intanto divoriamo intere campagne gettando colate di cemento, tappando storici fossati, rimuovendo filari di siepi e alberature: come segare il ramo sul quale stiamo seduti.
La corsa sfrenata al centro commerciale – in America si chiamano Mall – sembra una puntata già vista: così è stato per la distesa casavillettacapannone di cui è punteggiato il Veneto, così è stato per le Tremonti 1 e 2 che hanno fatto spuntare ovunque superflui capannoni.
Ora il nuovo tempio alla insulsaggine sembra essere quello dei centri commerciali: maestosi e sfavillanti quanto inutili. Aperti giorno e notte, sabato e domenica, Natale e Primimaggio. Dotati di parcheggi mobili, scale avveniristiche, pareti arabeggianti, tra poco inventeranno anche le cappelle religiose dentro gli outlet (forse ci sono già…)
Proviamo a smetterla, a invertire la tendenza, a pensare all’impronta ecologica del nostro shopping quotidiano? Proviamo a ragionare? Proviamo a salvare la Terra da noi stessi?