É il più grande cantiere d’Italia, ma il closing finanziario ancora non c’è Viaggio tra i cantieri lungo il tratto vicentino, da Montecchio a Mussolente.
È il più grande cantiere d’Italia, poco più di due miliardi di euro: la Superstrada Pedemontana Veneta è destinata a collegare le province di Vicenza e di Treviso, da Montecchio Maggiore a Spresiano. Un nastro d’asfalto lungo 94,5 chilometri, che attraversa tre connessioni con altrettante autostrade (A4, A31 e A27) ed avrà 14 caselli. A realizzarlo per conto della Regione Veneto, con progetto di finanza, è il Consorzio stabile Sis (51% dei piemontesi Dogliani e 49% degli spagnoli di Sacyr, che hanno fatto il nuovo canale di Panama). Il contratto prevede che il costruttore sia anche il concessionario della gestione, per 39 anni, con un discusso meccanismo di partecipazione tra capitale pubblico e risorse private. Per ora il pubblico ha messo sul piatto 614 milioni di euro, circa un terzo del valore dei lavori. Ma nei primi quindici anni di gestione ne metterà altri 29 milioni in conto esercizio. Sul nostro sito le immagini dall’alto dei cantieri, registrate in questi giorni.
Se è vero che una strada cambia la geografia, in questo caso è destinata a cambiare anche la storia delle comunità. Cos’hanno in comune Arzignano, Valdagno, Schio, Thiene, Bassano del Grappa, Montebelluna, Conegliano? Sono gli snodi urbani della nuova Superstrada Pedemontana Veneta, piccole città comprese tra i 25 e i 40 mila abitanti, culla dell’impresa italiana e, più tardi, laboratorio del cosiddetto «modello veneto» che molto ha appassionato sociologi ed economisti.
L’abbiamo percorsa, a partire dal tratto vicentino, per capire a che punto sono i cantieri, dopo un’estate di timori e preoccupazioni legati alla finanziabilità dell’opera, non ancora risolti del tutto. In queste piccole città stanno le origini dell’industria italiana, qui sono nate Lanerossi, Marzotto, Zoppas. Si incontrano i distretti industriali della concia e quello del mobile d’arte, quello delle scarpe sportive e quello dell’elettrodomestico. Tanti spicchi di una regione la cui viabilità è sempre stata ed è tuttora una raggiera, rivolta verso il Veneto centrale, Padova e Mestre. Strade che seguivano il corso dei fiumi: Bacchiglione, Astico e Brenta nel Vicentino, Piave nel Trevigiano. Mancava l’asse orizzontale. Per queste ragioni è nato il progetto della Pedemontana Veneta, auspicata per primo da uno studio di Innocenzo Gasparini, docente di politica economica e, più tardi, rettore dell’Università Bocconi. Era il 1963. Ci sono voluti 27 anni perché l’asse est-ovest fosse inserito nel Piano regionale dei trasporti (1990), altri sedici per arrivare all’approvazione di un progetto preliminare (2006), ancora cinque per l’inizio dei lavori (2011) e ne mancano quasi tre per la conclusione (attesa per il 2018). Più di mezzo secolo dopo, il progetto appare di un’altra epoca.
Treviso e Vicenza, due province che insieme fanno il 4% del Pil italiano, saranno più vicine con il loro esercito di imprese, una ogni dieci abitanti. Da Conegliano a Bassano in mezzora. Ecco perché anche le identità culturali sono destinate a cambiare. A percorrere in questi giorni il tratto vicentino, da Montecchio Maggiore alla periferia di Bassano del Grappa, ci si accorge dello stato di avanzamento del cantiere: la Gasparona, la tangenziale sud della città degli alpini, è irriconoscibile tante sono le deviazioni, i manufatti, setti ed arcate in cemento armato alte fino a venti metri, le distese di impalcati e travi da ponte, ruspe e cingolati che si arrampicano sulle scarpate. Si stanno gettando le arcate dei caselli. Il brulicare dei mezzi della Sis è caotico: movimenti terra, gettate di cementi armati, giunti e asfalti coinvolgono centinaia di persone.
«Siamo al trenta per cento dell’opera – spiega il commissario delegato della Spv, Silvano Vernizzi, rodigino di 63 anni, l’uomo del Passante di Mestre –. Stiamo risolvendo i problemi legati al closing finanziario ma i cantieri stanno andando avanti, con un lieve ritardo rispetto al cronoprogramma. Ma una volta sbloccata la partita finanziaria, credo che ci sarà un consistente recupero di tempi». A capo del cantiere più grande d’Italia c’è un geometra di Avellino («ma da trent’anni vivo a Torino» precisa): si chiama Giovanni Salvatore D’Agostino, ha 54 anni e fa il direttore tecnico del Consorzio stabile Sis, la società di costruttori piemontesi (con gli spagnoli di Sacyr) che ha vinto l’appalto concessione nel 2009: «Ma vi pare che si possa fermare una infrastruttura del genere? I lavori vanno avanti con regolarità, in questo momento sono impegnati circa cinquecento addetti diretti, più altrettanti dei fornitori e dei subappaltatori. Anzi, siamo pronti ad aprire il primo tratto, al massimo in primavera: dall’interconnessione con l’A31 a Breganze, sei chilometri che è bene mettere in esercizio».
Tra qualche mese le maestranze impegnate saranno in tutto milleseicento: «I lavori più complessi sono stati tutti avviati ed alcuni sono a buon punto – aggiunge – : la galleria di Malo di sei chilometri, quella di Sant’Urbano di un chilometro e mezzo, i viadotti sul Brenta e sull’Astico. Diciamo che le opere d’arte sono in corso di completamento, il resto sono lavori meno complessi e quindi saranno realizzati più rapidamente». A poche centinaia di metri dai futuri caselli ci sono Diesel e Fiamm, Dainese e Baxi, Vimar e Bisazza, Nardini e Manfrotto, aziende ad alta vocazione di export. Così come nel Trevigiano Selle Italia e Pasta Zara, Alpinestars e Diadora, Geox e Zoppas finanziaria, Permasteelisa e Benetton, tutte imprese che sollecitano quest’opera da molti anni.
Tutto intorno, dentro alla città infinita di Aldo Bonomi, c’è un reticolo di piccole imprese manufatturiere: «Questa strada serviva trent’anni fa – ammette Sandro Venzo, presidente della Confartigianato di Bassano del Grappa e stampista – ma l’importante è che venga conclusa. Siamo lontani da tutto, ci vuole un’ora per raggiungere il primo casello autostradale, per chi lavora come me con la Germania è un disastro. Ammetto che in questo momento c’è un problema di pagamenti, non solo con gli espropriati ma anche con i fornitori. Ma spero che si risolva presto, questa strada serve come il pane. Ed è inutile che si continui a protestare, la storia va avanti». «Mi auguro che i problemi siano risolti nel più breve tempo possibile – aggiunge il sindaco di Bassano del Grappa, Riccardo Poletto – io ero tra coloro che preferivano un altro tipo di progetto, ma tant’è ora questo cantiere c’è e speriamo venga terminato. Credo che sostanzialmente il territorio la voglia, per noi la priorità poi è il tratto verso il Trevigiano». Per avere conferma del cantiere più grande d’Italia basta aspettare i lavoratori a fine giornata. La sera a Cornedo Vicentino e Romano d’Ezzelino, nei due villaggi logistici dove Sis fa dormire quasi 500 tra tecnici e lavoratori, c’è un affluire continuo di auto di servizio e mezzi pesanti. Si parlano i dialetti di mezza Italia.